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Browser Sicurezza

Navigazione sicura Chrome: differenza tra protezione avanzata e standard

A partire dal 2007, Google ha arricchito il suo browser Chrome con la funzione Navigazione sicura (Safe Browsing, in inglese). Si tratta di uno strumento che protegge gli utenti dalle pagine Web che ospitano malware e intentano attacchi phishing. Nel momento in cui si provasse a visitare un sito dannoso, Chrome mostra un messaggio d’allerta visualizzando una schermata a sfondo rosso.

Per accedere alla configurazione della funzione Navigazione sicura, basta digitare chrome://settings/security nella barra degli indirizzi di Google Chrome. Sono previste tre possibili impostazioni: Protezione avanzata, Protezione standard e Nessuna protezione.

Google ha annunciato a settembre 2023 che sta attivando la protezione antiphishing in tempo reale per tutti gli utenti, anche per coloro che utilizzano la Protezione standard nel browser Chrome.

Navigazione sicura: differenza tra Protezione avanzata e standard in Chrome

Escludendo l’opzione Nessuna protezione, che disattiva qualunque forma di difesa contro i siti Web dannosi o potenzialmente tali, Protezione standard provvede a confrontare gli indirizzi delle pagine Web che si stanno visitando un elenco di URL memorizzato in ambito locale. Quando vi fosse una corrispondenza, la funzione di Navigazione sicura espone un avviso a tutta pagina.

Per offrire un livello di sicurezza ancora maggiore, nel 2020 Google ha introdotto l’opzione Protezione avanzata che assicura una difesa in tempo reale. Questo è possibile perché anziché limitarsi a una lista di URL locale, la funzione confronta gli indirizzi dei siti visitati con un database Google disponibile sul cloud che è continuamente aggiornato.

La Protezione avanzata, tuttavia, invia a Google tutti gli URL visitati dall’utente sul suo dispositivo, download compresi, con l’intento di verificare se sono dannosi o meno. Inoltre, Google acquisisce un piccolo campione del contenuto delle pagine per scoprire eventuali nuove minacce.

Differenza protezione avanzata e standard Chrome

Chrome porta la tecnica di difesa in tempo reale anche nella Protezione standard

Con un annuncio pubblicato in questi giorni, incentrato sulle novità di Chrome per i suoi 15 anni di attività, Google ha spiegato che la protezione in tempo reale da siti malevoli e attacchi phishing è in corso di attivazione per tutti gli utenti che hanno scelto la difesa standard.

I tecnici dell’azienda di Mountain View precisano infatti che l’elenco di Navigazione sicura ospitato localmente viene aggiornato solo ogni 30-60 minuti, ma il 60% di tutti i domini di phishing rimane attivo solo per 10 minuti. Ciò crea un intervallo di tempo significativo che lascia le persone non protette da nuovi URL dannosi.

Riducendo il tempo che intercorre tra l’identificazione e la prevenzione delle minacce, Google si aspetta di vedere un miglioramento del 25% nella protezione da malware e minacce phishing.

Nel caso della protezione standard (opzione predefinita per la navigazione sicura in Chrome), il controllo in tempo reale degli URL avviene in modo da rispettare ancor più la privacy degli utenti. Il fulcro del meccanismo poggia sui relay HTTP Fastly Oblivious.

Il protocollo Oblivious inoltra gli URL parzialmente sottoposti ad hashing al motore di Navigazione sicura disponibile sui server Google senza esporre le informazioni private degli utenti, come indirizzi IP e intestazioni delle richieste. L’unico svantaggio di questo approccio, rispetto ad esempio a quanto avviene con l’opzione Protezione avanzata, deriva dal fatto che Google non è in grado di determinare euristicamente se un URL è dannoso. La protezione è insomma in tempo reale ma si basa comunque su un elenco aggiornato continuamente dall’azienda sul cloud.

Google precisa che i dati trasmessi sui suoi server nell’ambito della funzione di Navigazione sicura, non sono in ogni caso utilizzati per finalità di marketing e per mostrare annunci pubblicitari.

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Chrome: presto possibile condividere password con altre 6 persone?

Google Chrome

Google Chrome
Google Chrome

potrebbe presto aggiungere una funzionalità di condivisione della password che consente agli utenti di condividere tale informazione con altri membri della famiglia.

Sebbene il Gestore delle password di Chrome sia uno strumento molto utile e sicuro, anche grazie alle recenti funzioni introdotte, allo stato attuale non è possibile condividere le parole d’accesso con altri account.

Proprio per questo motivo, gli sviluppatori di Chrome sarebbero a lavoro su una soluzione pratica, ma anche in grado di garantire un livello di sicurezza elevato. Secondo l’opinione dell’utente Leopeva64, espressa attraverso il sito Android Police, sul browser vi sono già degli indizi nascosti che non lascerebbero dubbi riguardo la futura integrazione.

A quanto pare, la funzione consentirà agli utenti di condividere le password con altri membri del proprio gruppo familiare Google. Ciò significa che un utente Chrome desidera condividere le password con altri, può farlo creando un gruppo familiare per un massimo di sei membri complessivi.

Condividere le password di Chrome con la propria famiglia sarà molto più facile

Leopeva64 ha probabilmente dato un’occhiata al codice già presente sul browser, individuando alcune porzioni che lasciano intuire il futuro funzionamento di questa nuova feature.

A quanto pare è già pronto un pulsante di condivisione nel Gestore delle password, che permetterà di condividere le credenziali con uno o più membri del nucleo familiare. In caso di mancanza di un gruppo, un’apposita finestra di dialogo dovrebbe informare rispetto a tale lacuna e proporre la creazione di tale gruppo.

La condivisione sicura delle password non è una novità assoluta in questo settore: i gestori di terze parti, infatti, propongono soluzioni molto simili sia per contesti familiari che per la gestione di credenziali nel contesto lavorativo.

Di fatto, però, questa scelta avvicina il Gestore delle password di Chrome a tanti altri servizi avanzati, molti dei quali a pagamento.

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Internet Explorer debuttava 28 anni fa e non è ancora morto: ecco perché

Correva il mese di agosto 1995 quando fu presentata la prima versione del browser Internet Explorer (IE) insieme con lo storico sistema operativo Windows 95. Sono in tanti, infatti, a collegare la nascita ufficiale di Internet Explorer al lancio del sistema operativo ibrido a 16 e 32 bit di Microsoft. In realtà la società di Redmond svelò il browser qualche giorno prima, intorno a ferragosto.

Con Internet Explorer, Microsoft voleva cavalcare le osservazioni e le intuizioni che Bill Gates affidò alcuni mesi prima al suo celeberrimo memorandum “The Internet Tidal Wave“, uno scritto che suggeriva l’impatto rivoluzionario che avrebbe introdotto di lì a poco la rete Internet sulla quotidianità e sulla vita di ciascun individuo.

Com’è nato Internet Explorer

Lo sviluppo di Internet Explorer, per stessa ammissione dei programmatori Microsoft coinvolti nel progetto, è iniziato a ottobre 1994 mentre a dicembre dello stesso anno Thomas Reardon di Microsoft acquisì in licenza il codice sorgente del browser Mosaic, uno dei primi browser Web con interfaccia grafica, realizzato presso il National Center for Supercomputing Applications (NCSA) dell’Università dell’Illinois. Il codice di Mosaic, tuttavia, non fu mai sfruttato per gettare le basi di Internet Explorer.

Internet Explorer 1.0 era un browser web piuttosto scarno: era soltanto in grado di gestire codice HTML basico e supportava esclusivamente Windows 95. Microsoft iniziò a distribuirlo nel pacchetto Plus! 95, prodotto software offerto a chi voleva connettersi alla rete Internet. Alcuni mesi dopo fu la volta di Internet Explorer 1.5 che aggiunse il supporto per Windows NT e, ad esempio, il rendering delle tabelle HTML.

Le tensioni con gli sviluppatori del browser Mosaic

Microsoft aveva stretto un accordo con Spyglass, azienda che a metà degli anni ’90 costituiva una propaggine di NCSA. L’intesa prevedeva il riutilizzo del codice di Mosaic nella prima versione di Internet Explorer a fronte del versamento, da parte di Gates e dei “suoi”, di una quota trimestrale insieme a una percentuale dei suoi ricavi derivanti dalla vendita del browser agli utenti finali. In realtà, com’è noto, Microsoft rilasciò gratuitamente Internet Explorer. Spyglass citò in giudizio Microsoft, sostenendo di aver ricevuto dalla società solo la quantità minima di denaro trimestrale spettante. Le due aziende si accordarono nel 2017, con Microsoft che versò a Spyglass una somma pari a 8 milioni di dollari.

Già lo sviluppo iniziale di Internet Explorer durò pochi mesi: l’esigenza di proporlo come soluzione accessoria per Windows 95 era pressante. Nel novembre 1995, tuttavia, fu già la volta della seconda versione del browser per Windows 95 e Windows NT. Quella release aggiunse molte funzionalità, compreso il supporto per JavaScript, HTML 3.0 e per i cookie. Nel 1996, Microsoft svelò le versioni del browser per i sistemi Mac e per il precedente Windows 3.1.

La storia del browser Microsoft in breve

La lunga storia di Internet Explorer è caratterizzata sia da successi che da cocenti sconfitte. Proviamo a ricordare qualche data importante:

Anno 1995. IE 1.0 fu rilasciato come parte di Windows 95. Inizialmente, IE aveva una piccola quota di mercato rispetto ai browser concorrenti come Netscape Navigator.

Anno 1997. Con l’introduzione di Internet Explorer 4, Microsoft ha iniziato a guadagnare terreno nel mercato dei browser. Questa versione di Internet Explorer ha introdotto funzionalità  “inedite” ed è stata inclusa anche in Windows 98.

Anno 1998. A maggio 1998 iniziò una delle vertenze legali più significative nella storia dell’industria tecnologica. Il Dipartimento di Giustizia USA e diversi Stati si coalizzarono contro Microsoft accusando la società di abuso della posizione dominante. Microsoft fu accusata di aver legato IE al sistema operativo, rendendo il browser parte integrante di Windows e ostacolando la concorrenza nel mercato dei browser Web. Quella causa fu la più grande fonte di preoccupazione per Bill Gates che ammise il suo impatto devastante sulle sorti di Microsoft e sullo sviluppo del suo business: “oggi avreste usato tutti Windows Mobile se non fosse per quella vertenza“, ha dichiarato di recente.

Anno 2002. IE ha raggiunto le sue massime quote di mercato all’inizio degli anni 2000. Fu allora che il browser Microsoft deteneva una quota di mercato superiore al 90%, configurandosi come il browser dominante.

L’arrivo dei browser alternativi a Internet Explorer

Anno 2004. Eccezion fatta per le versioni non definitive del browser rilasciate in tempi precedenti, all’inizio del 2004 Mozilla Firefox fu rilasciato come browser “stand alone” open source. Iniziò a guadagnare rapidamente popolarità ai danni di Internet Explorer. Le massime quote di mercato di Mozilla Firefox sono state raggiunte principalmente tra il 2009 e il 2011.

Gli sviluppatori e tanti utenti contestavano il comportamento di IE, spesso ritenuto un browser poco aderente agli standard per il Web e causa di non pochi mal di testa per chi cercava di sviluppare siti e applicazioni il più possibile interoperabili.

Anno 2008. Google ha introdotto Chrome, che ha rapidamente guadagnato quote di mercato grazie alla sua velocità e alle nuove funzionalità.

Anno 2015. Microsoft ha presentato Edge come successore di Internet Explorer. Edge era progettato per essere più moderno, veloce e sicuro. Tuttavia, Internet Explorer è rimasto in uso in molte organizzazioni e settori che richiedevano compatibilità con le applicazioni legacy.

Anno 2019. Microsoft ha annunciato che il supporto per Internet Explorer in Windows sarebbe stato interrotto a partire dal giugno 2022. Il ritiro vero e proprio dello storico software è arrivato però solamente a giugno 2023.

Perché Internet Explorer è presente ancora oggi in Windows

Lo storico browser di casa Microsoft è stato ufficialmente abbandonato a metà giugno 2023. Un aggiornamento di Edge lo ha disabilitato in tutti i sistemi operativi Windows più recenti, quelli ancora supportati dalla società di Redmond.

La modalità Internet Explorer (o IE Mode) inclusa in Edge è un meccanismo che “fino a ieri” permetteva di caricare con il motore di rendering del vecchio browser tutti i siti e le applicazioni non compatibili. Adesso, con l’aggiornamento di giugno scorso, non è più possibile aprire alcuna pagina Web con Internet Explorer.

Come dimostrato da più parti, però, il codice di IE è ancora presente in Windows. Compreso Windows 11 che, a detta dei portavoce di Microsoft, non avrebbe dovuto contenere alcun riferimento al vecchio browser. In realtà Internet Explorer è ancora presente in Windows 11 dietro le quinte.

Inoltre, la disattivazione della IE Mode funziona in realtà come una sorta di semplice “interruttore” perché il codice di base del browser è ancora presente. Lo dimostrano gli autori del progetto IEModeExpiryFix che spiegano come continuare a usare eventualmente la modalità compatibile in Edge per gli anni a venire.

IEModeExpiryFix attiva di nuovo la modalità compatibilità: un aiuto per chi usa software legacy

Incredibilmente (ma purtroppo è così) tanti software per la gestione delle telecamere e di DVR utilizzano ancora oggi componenti obsoleti come gli ActiveX. Allo stesso modo, Internet Explorer rimane un requisito per il corretto funzionamento di alcuni vecchi software gestionali.

Gli autori di IEModeExpiryFix hanno voluto venire incontro proprio agli utenti di questi software permettendo la riattivazione di IE Mode con un semplice script VBScript o PowerShell (è possibile usare indifferentemente l’uno o l’altro).

I due script impostano automaticamente la scadenza della modalità IE al 2099, anche se è eventualmente possibile impostare qualunque data alternativa.

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Browser news

Siti bloccati a livello di browser Web: arriva la censura di Stato

siti bloccati
siti bloccati

Il governo francese sta lavorando a un provvedimento di legge che potrebbe minare alla base i principi del Web libero, così come è stato concepito da Tim Berners-Lee. Il disegno legislativo conosciuto con l’appellativo SREN (Projet de loi visant à sécuriser et réguler l’espace numérique) prevede, all’articolo 6, la possibilità di bloccare i siti a livello di browser Web. In altre parole, le Autorità e gli organi preposti possono imporre agli sviluppatori di browser di implementare un elenco di siti bloccati, condividendo la lista delle pagine Web che gli utenti non sono autorizzati a visitare.

Lanciando una petizione online con il preciso intento di contribuire al blocco dell’iter della norma francese, Mozilla sostiene che l’eventuale sua approvazione creerebbe un pericoloso precedente, offrirebbe terreno fertile per iniziative simili da parte di altri governi e trasformerebbe i browser Web in pericolosi strumenti di censura.

Possiamo ancora fermarlo, ma non abbiamo molto tempo. Il governo ha presentato il disegno di legge al Parlamento poco prima della pausa estiva e spera di approvarlo nel modo più spedito possibile“, si legge nel commento di Mozilla. “La norma è persino sottoposta a procedura accelerata, con una votazione che avrà luogo nel corso del prossimo autunno“.

Come funziona il blocco dei siti a livello di browser Web stando alla proposta francese

Sebbene l’intenzione del legislatore sia quella di combattere le frodi online, Mozilla avverte che il draconiano approccio attualmente in fase di approvazione rischia di fornire un modello operativo per i regimi oppressivi e potrebbe minare alla base l’efficacia degli strumenti di elusione della censura. Si pensi a uno strumento come Tor Browser: se tutti gli sviluppatori di browser Web fossero obbligati a integrare, nei rispettivi prodotti, la blacklist di Stato, allora anche gli sviluppatori di Tor Browser dovrebbero a loro volta adeguarsi per non incorrere in sanzioni e ulteriori censure.

Attualmente i principali browser Web si servono già di strumenti di protezione contro phishing e malware: è il caso, per esempio, di Google Navigazione sicura (alias Safe Browsing) e di Microsoft SmartScreen.

Questi sistemi si limitano a contrassegnare i siti potenzialmente dannosi, lasciando la decisione finale agli utenti. Al contrario, la proposta francese si concentra sul blocco totale dei siti senza possibilità di scavalcamento da parte dell’utente.

Mozilla sostiene invece che è molto più ragionevole procedere con l’ottimizzazione dei sistemi esistenti invece di implementare il blocco obbligatorio basato sul browser. L’organizzazione  che sostiene lo sviluppo del browser Firefox suggerisce inoltre l’avvio di un confronto pubblico al fine di stabilire scadenze ragionevoli affinché i sistemi antiphishing possano adeguarsi alle richieste governative. In ogni caso, le eventuali blacklist dovrebbero essere composte basandosi su criteri trasparenti, soggetti a revisione indipendente; inoltre, la norma dovrebbe contenere disposizioni chiare per l’eventuale ricorso giudiziario.

Di recente era venuta a galla la notizia di una nuova funzionalità inserita in Firefox che porta al blocco delle estensioni per siti Web specifici. Chissà se possa avere qualche tipo di relazione con il provvedimento francese. Se un’estensione modificasse il comportamento del browser, infatti, potrebbe sbloccare l’accesso ai siti sottoposti a censura.

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Browser in pratica

Come tradurre un sito da inglese a italiano

La traduzione di un sito può essere un processo complesso che richiede attenzione sia alla lingua che al layout del sito. Gli strumenti oggi integrati nei principali browser Web rendono molto più semplice tradurre un sito da inglese a italiano oppure in altre lingue.

Prendiamo come esempio Google Chrome e Microsoft Edge: il primo utilizza Google Translate mentre il secondo Microsoft Translator per la traduzione dei testi da una lingua all’altra. Entrambi mettono a disposizione la funzionalità Traduci in italiano, accessibile da desktop su qualunque pagina Web semplicemente premendo il tasto destro del mouse. Il vantaggio è che la traduzione del testo è immediata e va a sostituire le frasi scritte nell’altra lingua. Titoli, formattazioni e layout complessivo della pagina Web vengono sempre conservati.

Traduzione dall’inglese all’italiano con il browser

Sia Chrome che Edge sono in grado di riconoscere automaticamente la lingua in cui è scritto il contenuto di una pagina Web. Da desktop, cliccando con il tasto destro in un’area libera della pagina quindi scegliendo Traduci in italiano, a destra della barra degli indirizzi del browser appare una piccola finestra di dialogo che consente di confermare la lingua di origine e definire quella di destinazione.

Tradurre sito da inglese a italiano

Per default, se Chrome ed Edge sono installati su un sistema che utilizza la lingua italiana nelle impostazioni regionali, compare la voce Traduci in italiano. Nulla vieta, tuttavia, di selezionare una lingua di destinazione diversa dall’italiano. Nell’immagine, ad esempio, stiamo traducendo in inglese un sito che usa l’italiano. È infatti sufficiente cliccare sui tre puntini in colonna in alto a destra, fare clic su Seleziona un’altra lingua quindi scegliere la lingua preferita e infine cliccare sul pulsante Traduci.

Lingua traduzione Chrome ed Edge

Può accadere con i siti Web che utilizzano particolari fogli di stile (CSS) che la voce Traduci in italiano non compaia nel menu contestuale (quello che su desktop appare premendo il tasto destro del mouse). In questo caso è possibile risolvere cliccando su un’altra area della pagina, sempre con il tasto destro del mouse. Ad esempio nella zona sottostante il menu di navigazione in alto oppure in corrispondenza del “piede” del sito (la parte conclusiva della pagina).

Sui dispositivi mobili, l’opzione che permette di tradurre il sito in corso di navigazione è accessibile toccando pulsante in alto a destra quindi scegliendo la voce Traduci. Anche in questo caso, selezionando i tre puntini in basso a destra quindi Altre lingue, si può definire un’altra lingua di destinazione.

Tradurre sito browser Android

Impostare la traduzione automatica da inglese a italiano nel browser Web

Chrome ed Edge offrono un’impostazione che provvede a tradurre i siti le cui pagine appaiono in una lingua differente da quella che l’utente conosce e comprende.

Per accedervi da Chrome, basta digitare chrome://settings/languages nella barra degli indirizzi quindi attivare l’”interruttore” Usa Google Traduttore.

Tradurre siti Chrome: scelta lingue

D’ora in avanti Chrome propone di tradurre i siti che si visitano e che non risultano in una delle lingue preferite dall’utente. Attivando la casella Traduci sempre, si può far sì che il browser traduca automaticamente, senza più chiedere nulla, tutte le pagine scritte in una determinata lingua. Nell’esempio precedente abbiamo scelto di tradurre automaticamente tutte le pagine in tedesco e spuntando la casella seguente aggiungiamo anche lo spagnolo (Traduci queste lingue automaticamente).

Traduzione automatica pagine Web con Chrome

Viceversa, nel caso delle lingue che figurano al di sotto di Non proporre mai di tradurre queste lingue, Chrome non mostra alcuna richiesta di traduzione automatica. L’utente può comunque cliccare con il tasto destro del mouse e scegliere di tradurre la pagina usando ad esempio la voce Traduci in italiano.

L’impostazione di riferimento nel caso di Edge è Offri di tradurre le pagine che non sono in una lingua che posso leggere, accessibile digitando edge://settings/languages nella barra degli indirizzi.

Tradurre siti da inglese a italiano con Edge

Tradurre il testo delle immagini nei siti Web con Chrome

Da marzo 2022, Chrome permette la ricerca delle immagini a partire dagli elementi grafici pubblicati nelle pagine Web. Questa funzionalità integra anche un potente modulo OCR che, sfruttando la tecnologia alla base di Google Lens (ampiamente adoperata sugli smartphone), attiva il riconoscimento ottico dei caratteri sulle immagini.

In altre parole, grazie a Chrome e Google Lens è possibile rilevare il testo presente in un’immagine, selezionarlo, copiarlo negli appunti (CTRL+C) e incollarlo altrove (CTRL+V).

Traduci testo immagine Chrome menu contestuale

Nelle pagine che si sono tradotte con Chrome da una lingua all’altra, ad esempio da inglese a italiano, è possibile aggiungere la voce Traduci il testo nell’immagine con Chrome. Cliccando con il tasto destro su un’immagine all’interno della pagina tradotta, è possibile ottenere anche una traduzione del contenuto della singola immagine selezionata.

Traduzione testo immagini con Chrome e Lens

Per vedere comparire il comando Traduci il testo nell’immagine con Chrome, è necessario digitare chrome://flags/#enable-lens-image-translate nella barra degli strumenti di Chrome quindi porre su Enabled il menu a tendina posto a destra di Translate text in images with Google Lens.

Tradurre testi pagine Web con Google Lens

Come tradurre il contenuto dei file PDF

Manca all’appello soltanto un suggerimento su come gestire i documenti PDF pubblicati sul Web in un’altra lingua. Per tradurre i PDF senza installare nulla si può utilizzare l’ottimo Deepl oppure, in alternativa, si può visitare la sezione Documenti di Google Traduttore quindi scegliere Sfoglia i tuoi file per selezionare un file PDF scaricato in locale.

Per i documenti PDF condivisi sul Web, quindi, è possibile scaricarli per poi caricarli su Google Traduttore direttamente nello stesso formato. Con un clic su Traduci e poi su Scarica la traduzione, si ottiene un nuovo file PDF tradotto, ad esempio, in italiano.

Google Traduttore traduce documenti PDF

Usare i modelli generativi di OpenAI come traduttore avanzato

Gli utenti di ChatGPT possono utilizzare il popolare chatbot di OpenAI come supporto per la traduzione di qualunque testo. Basta scrivere nella casella Send a message di ChatGPT qualcosa come “Prendi questo testo e traducilo in italiano” quindi usare la combinazione di tasti CTRL+INVIO per andare a capo.

A questo punto si può selezionare il testo da tradurre da qualsivoglia pagina Web, copiarlo negli appunti quindi incollarlo nella casella Send a message di ChatGPT (CTRL+V). Il chatbot provvede ad analizzare il testo, anche per gli utenti che non dispongono di alcun abbonamento attivo, quindi a proporre la traduzione corrispondente.

Cos’è e come funziona OpenAI Translator

Un gradino più in alto si pone l’utile estensione gratuita per Chrome chiamata OpenAI Translator. A dispetto del nome, non è un’estensione ufficiale di OpenAI ma è stata ideata e realizzata da uno sviluppatore indipendente.

Anziché basarsi su ChatGPT, OpenAI Translator utilizza i modelli generativi di OpenAI, ad esempio GPT-4 e GPT-3.5, accessibili per gli utenti paganti oppure per coloro che attivano un nuovo account utente (i crediti gratuiti sono validi per un massimo di 90 giorni).

Come funziona OpenAI Translator

Diversamente rispetto alle soluzioni integrate nel browser Web, OpenAI Translator consente di selezionare il testo del quale si desidera ottenere la traduzione. Cliccando sulla piccola icona dell’estensione, che appare al di sopra del testo evidenziato, è possibile ottenere la traduzione nella lingua prescelta. I pulsanti posti nella parte superiore della schermata di OpenAI Translator danno anche modo di avere un riassunto online del contenuto.

Vengono offerti anche strumenti per alleggerire e ripulire il testo, analizzarlo e, addirittura, ottenere una spiegazione della struttura e delle finalità di un codice sorgente. Sono tutte cose che si possono fare anche mediante ChatGPT; OpenAI Translator, tuttavia, ha il merito di renderle accessibili “in punta di clic” attraverso un’unica e pratica interfaccia grafica. Il rovescio della medaglia è che OpenAI Translator consuma token disponibili all’interno dell’abbonamento sottoscritto.

OpenAI Translator è un progetto open source il cui sorgente è disponibile sul repository GitHub gestito dallo sviluppatore.

Credit immagine in apertura: iStock.com/alexsl

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Browser IA news

Google Chrome ora suggerisce i punti chiave di un articolo grazie all’AI generativa

Al pari di altre big della tecnologia, come Meta e Microsoft, Google sta puntando molto sull’intelligenza artificiale. La sua Search Generative Experience è stata lanciata meno di tre mesi fa e i feedback degli utenti, stando a Big G, sono assolutamente positivi. Spinto da questo entusiasmo, il colosso di Mountain View ha oggi presentato un’altra novità: in Google Chrome, l’AI generativa è ora in grado di creare riassunti degli articoli reperibili in rete.

Google Chrome sempre più smart grazie all’AI generativa: l’ultima funzionalità annunciata da Big G

Quando si vuole approfondire un argomento ci si informa il più possibile, ma per farlo bisogna leggere più e più articoli. E nonostante tutto, il rischio di perdersi quel dettaglio così importante è sempre dietro l’angolo. Per facilitare l’esperienza degli utenti in tal senso, Google ha aggiunto al suo programma Search Labs una funzione chiamata “SGE while browsing”. Questa è disponibile per le app Google Chrome e Google per Android e iOS e nei prossimi giorni debutterà anche sul browser per PC Windows e Mac.

Lo scopo, come detto, è quello di sfruttare l’AI generativa per approfondire un argomento in un modo più veloce. È una feature che in pochissimi secondi riesce ad fornire i punti chiave di un determinato articolo, e c’è anche la possibilità – con un tap – di balzare alla parte del testo che è di maggior interesse per il lettore.

Utilizzare la feature è davvero molto semplice. Una volta aperto l’articolo formato digital, nella parte bassa dell’interfaccia appare (ben evidenziato in viola) il comando Generate. Basta un tocco per sfruttare l’intelligenza artificiale e dare una rapida occhiata ai punti chiave dell’articolo.

SGE while browsing in Google Chrome - AI generativa

La SGE while browsing, spiega Google, può rivelarsi utile quando ci si informa su qualcosa di nuovo o di particolarmente complesso. Ma non è da sottovalutare anche per altro, come quando si raccolgono informazioni su una ricetta o su un potenziale acquisto.

Il gigante statunitense precisa infine che la sua nuova funzione basata sull’intelligenza artificiale può essere utilizzata solo per quegli articoli reperibili gratuitamente in rete. Non è invece compatibile con quei contenuti ai quali è possibile accedere solo tramite un abbonamento.